Fonte: www.globalresearch.ca/index.php?context=va&aid=22867
Global Research
20 Gennaio 2011
Il Generale Zine el Abidine Ben Ali, decaduto e deposto presidente della Tunisia viene descritto da tutti i media occidentali come un dittatore.
Per cui, la protesta tunisina è presentata come conseguenza di un regime antidemocratico e autoritario, che rifiuta le normative della “comunità internazionale”.
Ma Ben Ali non è stato un “dittatore”. I dittatori comandano e impongono. Ben Ali è stato schiavo degli interessi economici occidentali, un fedele politico fantoccio che obbedisce agli ordini, con l’attivo sostegno della comunità internazionale.
L’interferenza straniera negli affari interni della Tunisia non è menzionata nei resoconti mediatici. Gli aumenti del prezzo del cibo non sono “stabiliti” dal governo di Ben Ali. Sono imposti da Wall Street e dal FMI.
Il ruolo del governo di Ben Ali era di imporre la fatale medicina economica del FMI, la quale, dopo un periodo di oltre venti anni, ha destabilizzato l’economia nazionale e ha impoverito la popolazione tunisina.
Ben Ali, come capo di stato, non comandò sostanzialmente su nulla. La sovranità nazionale era scontata. Nel 1987, data la vastità della crisi finanziaria, il governo della sinistra nazionale di Habib Bourguiba fu rimpiazzato da un nuovo regime, fortemente orientato alle riforme del “libero mercato”.
La gestione macroeconomica, con al timone il FMI, fu nelle mani dei creditori che la Tunisia aveva all’estero. Durante gli ultimi 23 anni, la politica economica e sociale in Tunisia è stata regolamentata dal Washington Consensus.
Ben Ali mantenne il potere, perché il suo governo obbedì e rinforzò i piani d’azione del FMI, mentre serviva gli interessi sia degli Stati Uniti che dell’Unione Europea.
Questa modalità è diffusa in molte nazioni.
La prosecuzione delle letali riforme del FMI richiede di un “cambio di potere”. L’istallazione di un politico fantoccio rafforza l’agenda neoliberale, mentre nel frattempo vengono create le condizioni per un eventuale crollo di un governo corrotto e impopolare, che è il quadro che è stato fatto al momento dell’impoverimento dell’intera popolazione.
Il movimento di protesta.
L’obbiettivo categorico del movimento di protesta non era né Wall Street né le istituzioni internazionali finanziare di Washington. Il collasso sociale fu addossato al governo piuttosto che alle interferenze dei poteri stranieri negli affari di politica interna.
All’inizio, le proteste furono il risultano di un movimento politico organizzato direzionato contro le riforme neoliberali imposte.
Inoltre, ci sono dati per sostenere che il movimento di protesta fu manipolato con l’obbiettivo di creare disordine sociale e assicurarsi una continuità governativa. Ci sono notizie non confermate sull’esercito, che sembra abbia attuato repressioni e intimidazioni nella maggior parte delle aree urbane.
La questione importante è come la crisi si evolverà? In che modo il popolo tunisino affronterà il vasto argomento sull’interferenza straniera?
Dal punto di vista sia di Washington che di Bruxelles, un governo autoritario impopolare deve essere criticato per far si che venga rimpiazzato da un nuovo governo fantoccio. Le elezioni sono supervisionate dalla così detta comunità internazionale, che preselezionerà e approverà i candidati di volta in volta.
Quando il cambio di regime diviene fine ultimo di interessi esterni, il nuovo governo non avrà esitazioni nell’assicurare la continuazione dei piani della politica neo liberare, che è stata la causa dell’impoverimento della popolazione tunisina.
L’amministrazione interna guidata dal presidente in carica Fouad Mebazza è attualmente ad un punto morto, provocando incisive azioni di protesta da parte del movimento sindacale (UGTT). Mebazza ha promesso di “rompere con il passato”, senza d’altronde dare specifiche, come se intendesse abrogare le riforme economiche neoliberali.
Circostanze Storiche.
I media all’unisono hanno presentato la crisi in Tunisia come un problema di politica interna, senza alcun approfondimento storico. La presunzione sta nel destituire “il dittatore” e nell’insediare un governo eletto a puntino, per risolvere eventualmente la crisi sociale.
Le prime “rivolte del pane” in Tunisia furono nel 1984. Nel gennaio del 1984 la causa del movimento di protesta fu addossata all’aumento del prezzo del pane del 100%. Questo innalzamento fu provocato dal FMI durante il programma di adeguamento strutturale (SAP = Structural Adjustment Program) della Tunisia. Eliminare i sussidi alimentari fu di fatto una conseguenza degli accordi con il FMI.
Il presidente Habib Bourguiba, che giocò un ruolo storico nella liberazione della sua nazione dal colonialismo francese, dichiarò lo stato d’emergenza in risposta alle rivolte:
Mentre gli spari riecheggiavano, la polizia e le truppe dell’esercito in jeep e i blindati della marina erano sparsi a ventaglio nella città per calmare la “rivolta del pane”. Una dimostrazione di forza che porta quindi ad un’insperata calma, ma solo dopo l’uccisione di oltre 50 fra manifestanti e spettatori. Quindi, attraverso 5 accorati minuti di trasmissioni radio e televisive, Bourguiba annunciò che avrebbe invertito l’aumento dei prezzi.
(Tunisia: Bourguiba Permette Che Mangino Pane – TIME, Gennaio 1984)
In seguito ai tagli del Presidente Bourguiba, la crescita del prezzo del pane fu invertita. Bourguiba licenziò il suo Ministro degli Interni e rifiutò di attenersi alle richieste del Washington Consensus.
L’agenda neo liberale fu comunque instituita, provocando un’immediata inflazione e una disoccupazione di massa. Tre anni dopo, Bourguiba e il suo governo fu destituito in un sanguinolento colpo di stato, “sui terreni dell’incompetenza”, e portò all’insediamento del Generale Zine el Abidine Ben Ali come presidente nel novembre del 1987. Il colpo non fu contro Bourguiba, ma maggiormente per lo smantellamento definitivo della struttura politica nazionale inizialmente insediatasi a metà del 1950, e contestualmente per la privatizzazione dei beni dello Stato.
Il colpo militare non solo sottolineò il crollo del post-colonialismo nazionale che era stato guidato da Bourguiba, ma anche contribuì all’indebolimento del ruolo della Francia. Il governo di Ben Ali crebbe fermamente allineato con Washington, invece che con Parigi.
Appena qualche mese dopo l’insediamento di Bel Ali alla presidenza, nel novembre del 1987, fu firmato un maggiore consolidamento con il FMI. Fu inoltre raggiunto un accordo con Bruxelles relativamente alla costituzione di un libero scambio con L’UE. Iniziò quindi un programma di privatizzazione massiva sotto la supervisione di FMI-Banca Mondiale. Con salari orari di circa 0,75 € all’ora, la Tunisia divenne di conseguenza la manodopera più a buon prezzo, un rifugio per l’Unione Europea.
Chi è il dittatore?
Un’analisi dei documenti del FMI suggerisce che dall’investitura di Ben Ali nel 1987 come presidente, il suo governo si attenne fedelmente alle condizioni imposte dal binomio FMI-Banca Mondiale, che riguardava il settore pubblico dei lavoratori, l’eliminazione dei prezzi controllati e l’implementazione di un ampio programma di privatizzazione. La crescita di vincoli nel mercato disposta dalla Banca Mondiale favorì l’inizio di una serie di fallimenti.
Seguendo queste dislocazioni economiche nazionali, i capitali spesi dai lavoratori tunisini nell’Unione Europea divennero una crescente e importante fonte di scambi di utili all’estero.
Sono circa 650 000 i tunisini che vivono oltre mare. Nel 2010, il capitale totale dei lavoratori fu di circa 1960,00 bilioni di dollari, con un incremento del 57 percento rispetto al 2003.
Gran parte di questo capitale sarà impiegato per controllare il debito pubblico della nazione.
La mondiale crescita speculativa dei prezzi del cibo.
A settembre del 2010, fu raggiunto un accordo tra la Tunisia e il FMI, il quale raccomandò la rimozione dei rimanenti sussidi allo scopo di arrivare all’equilibrio fiscale:
la prudenza fiscale rimane una priorità generale per le autorità [tunisine], che inoltre vedono la necessità di mantenere una politica fiscale di supporto nel 2010, durante l’attuale sviluppo internazionale.
Gli sforzi dell’ultimo decennio per abbassare la porzione del debito pubblico in maniera significativa non dovrebbero vedersi compromessi da una fiacca politica fiscale. Le autorità sono impregnate in un deciso controllo all’attuale spesa, sussidi inclusi, …FMI Tunisia: Consultazione 2010 di cui all’Art. IV – Rapporto Informativo; Avviso di Pubblica Informazione sulla Commissione Amministrativa Dirigente; con Dichiarazione del Direttore Esecutivo per la Tunisia http://www.imf.org/external/pubs/ft/scr/2010/cr10282.pdf
Sembra non significare nulla l’insistenza del FMI sulla rigidità fiscale e sulla fine dei sussidi, che coincisero cronologicamente con il rinnovato slancio del prezzo base del cibo negli scambi con Londra, New York e Chicago. Questa risalita dei prezzi è in gran parte la causa di un mercato speculativo dovuto agli interessi interni delle maggiori corporazioni finanziarie e agricole.
Questi rincari sui prezzi del cibo, risultato di palesi manipolazioni (piuttosto che della sua scarsità) hanno creato l’impoverimento delle popolazioni d’ogni dove. L’altalenante prezzo del cibo costituisce una nuova fase del processo dell’impoverimento globale.
“I media hanno appositamente sviato l’opinione pubblica sulle cause di questi innalzamenti dei prezzi, focalizzandosi quasi esclusivamente sul problema dei costi di produzione, sul clima e su altri fattori che si trasformano in riduzione degli approvvigionamenti e su ciò che potrebbe contribuire all’aumento del prezzo del cibo di maggior consumo. Mentre entravano in gioco questi fattori, gli stessi erano di rilevanza limitata per spiegare l’impressionante e drammatico aumento dei prezzi delle merci.
Le oscillazioni dei prezzi del cibo sono in larga parte il risultato di un mercato manipolato. Queste sono maggiormente causate da un commercio che specula sulle merci. I prezzi del grano sono gonfiati artificialmente in larga scala da operazioni speculative sugli scambi commerciali con New York e Chicago ….
Un commercio speculato di frumento, riso o mais, può avvenire senza che ci siano reali scambi di merci. La speculazione delle istituzioni nel mercato del grano non coinvolge necessariamente né le vendite effettive né le distribuzioni del grano stesso.
Le transazioni possono utilizzare la merce dei fondi indicizzati, giocando d’azzardo nelle altalenanti risalite e discese del prezzo della merce stessa.
Una “opzione di vendita” è un’alternativa ad una futura caduta dei prezzi, una “opzione di richiesta” è un’alternativa ad una futura impennata dei prezzi. Attraverso concordate manipolazioni, i mercati istituzionali e le istituzioni finanziarie fanno si che i prezzi salgano, quindi manipolano la risalita di un prodotto specifico.
La speculazione genera l’instabilità del mercato. A sua volta, la risultante instabilità incoraggia nuove azioni speculative.
I profitti si hanno quando i prezzi salgono. Al contrario, se nel mercato uno speculatore vende allo scoperto, si avranno rendite solo al collasso dei prezzi.
Questa recente ondata speculativa sui prezzi del cibo ha favorito una carestia mondiale senza precedenti.” (Michel Chossudovsky, Global Famine, Global Research, 2 maggio 2008, http://www.globalresearch.ca/index.php?context=va&aid=8877)
Dal 2006 al 2008, ci fu una drammatica impennata dei prezzi di tutti i maggiori beni di prima necessità inclusi riso, grano e mais. Il prezzo del riso triplicò in un quinquennio, da circa 600$ per tonnellata nel 2003 a oltre 1800$ per tonnellata nel maggio del 2008.
(Michel Chossudovsky, http://www.globalresearch.ca/index.php?context=va&aid=9191, Per maggiori dettagli, vedi Michel Chossudovsky, Capitolo 7 Global Poverty and the Economic Crisis
in Michel Chossudovsky e Andrew Gavin Marshall, editori, The Global Economic Crisis, The Great Depression of the XXI Century, Global Research, Montreal 2010, http://globalresearch.ca/index.php?context=va&aid=20425 )
La recente impennata del prezzo del grano è caratterizzata da un salto del 32 percento nella lista dei prezzi del cibo redatta dalla FAO, nella seconda metà del 2010.
“L’impennata del prezzo dello zucchero, del grano e dell’olio di semi direzionò i prezzi del cibo fino a raggiungere un primato a dicembre, oltrepassando i livelli del 2008 quando il costo del cibo provocò disordini in tutto il mondo, suggerendo che i prezzi stavano entrando in “un terreno pericoloso”.
Un indice compilato mensilmente dalle Nazioni Unite oltrepassò il suo precedente picco mensile – di giugno 2008 – a dicembre, fino a raggiungere il livello più alto mai registrato all’inizio del 1990. Pubblicato dalla FAO di Roma, l’indice fa una carellata sui prezzi di un cesto di cereali, di olio di semi, di latticini, di carne e di zucchero, aumentati per sei mesi consecutivi.” (Jill Treanor, I prezzi del cibo a livello mondiale sono entrati in un “territorio pericoloso” per raggiungere picchi da primato, The Guardian, 5 gennaio 2011)
Pungente ironia: contro i retroscena della risalita dei prezzi, il FMI suggerisce la fine dei sussidi con il solo scopo di raggiungere l’obbiettivo della rigidità fiscale.
Manipolando i Dati sulla Povertà e sulla Disoccupazione.
Prevale un’atmosfera di divario sociale, le vite delle persone sono distrutte.
Nel frattempo, il movimento di protesta in Tunisia è palesemente il diretto risultato di un processo di impoverimento di massa, la Banca Mondiale sostiene che i livelli di povertà sono stati ridotti dalle riforme del libero mercato adottate dal governo di Ben Ali.
In accordo con i dati nazionali della Banca Mondiale, il governo tunisino (grazie agli accordi di Bretton Woods) aiutò a ridurre i livelli di povertà di 7 punti percentuali (sostanzialmente più bassi di quelli registrati negli USA e nell’UE).
La Tunisia ha fatto evidenti progressi crescendo ragionevolmente, combattendo la povertà e raggiungendo gli indicatori del benessere sociale. Ha mantenuto una media di crescita del 5 percento in più rispetto al ventennio scorso con un costante incremento del reddito pro capite e un corrispondente aumento del benessere della sua popolazione che è nota per il suo livello di povertà al 7% , annoverandola come una delle zone più povere.
Il costante aumento del reddito pro capite è stato il maggior motivo della riduzione del livello di povertà…. Hanno avuto particolare rilevanza le strade rurali connettendo la popolazione ai mercati cittadini e ai servizi. I programmi di accoglienza migliorano le condizioni di vita del povero e tutelano anche il reddito ed evitano che si spenda per cibo e articoli non alimentari, impattando positivamente nella riduzione della povertà. I sussidi alimentari, destinati ai poveri, sebbene non nel modo migliore, hanno anche affrontato la povertà delle città. (World Bank Tunisia – Country Brief)
Queste forme di povertà, evitando di menzionare importanti “analisi” socioeconomiche, sono palesemente costruite. Si presenta il libero mercato come soluzione per la povertà. Il quadro di analisi della Banca Mondiale viene utilizzato per giustificare un processo di “repressione economica”, diffuso a livello mondiale in più di 150 paesi in via di sviluppo.
Con solo il 7 percento di popolazione povera (come suggeriscono le “stime” della Banca Mondiale) e il 93 percento di popolazione che accede ai bisogni primari come cibo, alloggio, salute ed educazione, non ci sarebbe stata alcuna crisi sociale in Tunisia.
La Banca Mondiale è attivamente coinvolta nell’alternazione dati e nella distorsione della condizione sociale della popolazione tunisina. Il tasso di disoccupazione ufficiale è del 14 percento, il livello attuale di disoccupazione è molto più alto. La disoccupazione giovanile registrata è del 30 percento. I servizi sociali, inclusi sanità e scuola, collassano sotto il peso delle austere misure del FMI-Banca Mondiale.
La Tunisia e il mondo.
Quello che sta accadendo in Tunisia è parte del processo economico globale che distrugge le vite delle persone attraverso una deliberata manipolazione dei poteri del mercato.
Più in generale “ l’insensibile economia e le realtà sociali evidenziate dall’intervento del FMI hanno aumentato i prezzi del cibo, le locali carestie, i licenziamenti di massa dei lavoratori urbani e dei dipendenti statali e la distruzione dei programmi sociali. Il potere d’acquisto interno ha collassato, le strutture sanitarie e le scuole sono state chiuse, a centinaia di milioni di bambini viene negato il diritto ad un’istruzione primaria.” (Michel Chossudovsky, Global Famine, cit.)
30/01/2011 Traduzione di Tiziana Nelli